Engel & Völkers
  • 3 min di lettura
  • 31.05.24
  • da Steffi Kammerer

Paradiso Bohémien

L'iconico Chelsea Hotel di New York

Fotografia di: Annie Schlechter / Courtesy of Hotel Chelsea

Alberghi iconici ce ne sono tanti a Manhattan, ma nessuno ha influenzato la cultura cittadina con la stessa incisività del Hotel Chelsea. Chiuso per oltre un decennio per lavori di ristrutturazione, ha riaperto due anni fa, celebrando un fulminante ritorno in scena.

La rinascita del Chelsea Hotel: il ritorno di un'icona

Ristrutturazioni così radicali possono avere effetti disastrosi, soprattutto quando si tratta di realtà dal carattere ben definito. Spesso è proprio l’insieme dei presunti difetti a definire lo charme delle strutture storiche. Quando l’Hotel Chelsea, situato sulla 23° strada di Manhattan, chiuse nell’estate del 2011 le proprie porte – una prima assoluta nella sua lunga storia – e gli ospiti dell’albergo dovettero fare spazio ai costruttori, fu la fine di un’era. La vecchia New York sarebbe stata destinata a scomparire, con risanamenti privi di anima e lussuose ristrutturazioni al posto del rock ’n’ roll, dicevano le voci critiche. Tutti erano convinti che i palazzinari avrebbero distrutto lo spirito selvaggio dell’albergo, cancellando il secolare fascino storico degli ambienti.

Foto: David Gahr / Getty Images

«Quando ci siamo registrati non avevo alcuna idea di come sarebbe stata la vita all’Hotel Chelsea. Ma ho capito molto velocemente quanto fossi fortunata ad essere approdata proprio lì». - Patti Smith

Perché il Chelsea era molto di più di un semplice albergo. Era un modo di vivere e un rifugio, carico di creatività con un tocco di follia. Dodici piani in un immenso edificio del 1884, elencato come monumento storico. Un polo d’attrazione per spiriti affini, anticonformisti, geni e simili, incluso qualche fantasma.

Annie Schlechter / Courtesy of Hotel Chelsea

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L’elenco degli abitanti si legge come la Who’s Who della cultura pop, partendo da Bob Dylan, Julian Schnabel e Stanley Kubrick per arrivare a Ethan Hawke e la musa di Warhol, Edie Sedgwick, che per sbaglio incendiò la propria camera. William S. Burroughs ha scritto qui Pasto nudo, Jack Kerouac Sulla strada. Molti si sono fermati per mesi o anni, alcuni per decenni.

Lo scrittore Arthur Miller si trasferì in albergo nel 1961, dopo il divorzio con Marilyn Monroe. In un libro sull’albergo scrisse che per sballarsi era sufficiente entrare nell’ascensore, pieno di dense nubi di marijuana. Nella camera 100, Sid Vicious, bassista dei Sex Pistols, uccise in preda all’eroina la compagna Nancy mentre stava dormendo. Leonard Cohen immortalò in una delle sue canzoni migliori l’albergo e una notte passata lì con Janis Joplin: «… Giving me head on the unmade bed, while the limousines wait in the street …».

Janis Joplin e l’albergo sono legati per sempre dalla canzone che scrisse Leonard Cohen sulla loro tresca: Chelsea Hotel #2. Foto: David Gahr / Getty Images

Per decenni, l’albergo è stato il primo approdo di chi veniva a New York per diventare famoso, rappresentando una specie di promessa. Qui vigevano regole diverse di quelle che dettavano legge altrove. Persino il nome dell’edificio è mutevole. Ufficialmente si chiama Hotel Chelsea, o almeno così sta scritto sulla famosa targa a neon sulla facciata. Ma gli inquilini e i newyorchesi invertono il nome in Chelsea Hotel, o semplicemente Chelsea.

Proprio questa casa, con il suo grande talento per l’improvvisazione, ha corso il rischio di diventare emblema della gentrificazione. Davanti la vecchia facciata in mattoni fu innalzata un’impalcatura, poi accadde ciò che nessuno si aspettava: nulla, per quasi dieci anni. Investitori abbandonarono il progetto, si aggiunsero nuovi proprietari per poi lasciare in asso il progetto, si scatenarono litigi con il comune per ottenere autorizzazioni e una cinquantina di residenti storici fecero causa per ottenere il diritto di continuare a viverci. Tutto questo paralizzò il cantiere, il Chelsea cadde in uno stato comatoso, nessuna soluzione in vista.

Tanto più grande la sorpresa, quando l’albergo riaprì le porte nell’estate di due anni fa. Con un incredibile gioco di destrezza si era riuscito a rinnovare l’edificio dalla testa ai piedi, apparentemente lasciando tutto come prima. Il Chelsea è rimasto fedele a sé stesso, dandosi solo una piccola rinfrescata. Oggi, l’albergo ha degli account Instagram e TikTok, nel bistrò francese sono sedute le influencer. I divani usurati, l’avventuroso impianto elettrico e i rumorosi termosifoni preistorici sono stati sostituiti. Ma le righe bianche e rosse del baldacchino continuano a sventolare sopra il marciapiede come sempre e anche le ringhiere dei balconi in ghisa sono rimaste tali e quali. Il leggendario ristorante spagnolo El Quijote sta godendo della propria risurrezione, tra qualche anno festeggerà il 100° compleanno.

Andy Warhol e i suoi amici negli anni ’60, nel ristorante spagnolo El Quijote, fin dal 1930 parte dell’albergo. Foto: David McCabe / Courtesy of Hotel Chelsea

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Vecchio stile, nuova gestione

Responsabile della rinascita dell’Hotel Chelsea è lo stesso team che ha già mostrato, nel Jane Hotel e nel Bowery Hotel, il talento per ricreare luoghi con un’anima. Gli albergatori Sean MacPherson, Ira Drukier e Richard Born hanno anche buone capacità diplomatiche: 40 dei residenti storici sono rimasti nel Chelsea.

Un uomo in particolare è stato omaggiato dai nuovi proprietari. Si tratta dello storico manager ed ex socio dell’albergo Stanley Bard, morto nel 2017 in Florida, all’età di 82 anni. Ora, una delle sale del Chelsea Hotel è intitolata a lui. Bard aveva ereditato il management nel 1964 da suo padre: è stato lui a dare vita all’eccentrica comunità di artisti residenti nell’albergo, e sempre lui decideva a chi concedere una camera nel Chelsea e a chi negarla. Chi non riusciva a racimolare i soldi per l’affitto, poteva sempre pagare in quadri.

Quadri che nel corso degli anni sono diventati una notevole collezione. La qualità varia, ma anche diverse opere piuttosto dilettantistiche sono riuscite a trovare la strada per il nuovo Chelsea. Alcune sono appese nel foyer ristrutturato, contribuendo a distinguere l’aspetto dell’albergo da tutti gli altri hotel di lusso al mondo.

L’atmosfera è rimasta quella di sempre, magari un po’ più fighetta di prima, ma vi attendono ancora i giganteschi divani in velluto, pronti per ospitare conversazioni capaci di cambiare il mondo. Soltanto quell’aria di decadenza e distruzione, caratteristica del vecchio Chelsea, è del tutto scomparsa. Sul tetto vi attende una Spa, dove regna una pace divinamente tranquilla. Sul sito web dell’albergo, i nuovi creatori dichiarano di non definirsi esclusivamente tramite la storia dell’albergo ma piuttosto tenendo conto «...della diversità del luogo in continua evoluzione. Solido e opulento, eccentrico ma meraviglioso, il Chelsea è un mondo a sé. Un palazzo votato alla singolarità».

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