Engel & Völkers
  • 6 min di lettura
  • 01.09.2023
  • da Michaela Cordes

Grandi Toscani

L'azienda vinicola Marchesi Antinori

Fotografia di: Mattia Zoppellaro
  • Problema

    04/23

  • Posizione

    Florence / Italy

  • Fotografia

    Mattia Zoppellaro

Moderne, eleganti, sobrie, come sanno essere solo le italiane: Albiera Antinori e le sue sorelle Allegra e Alessia sono in oltre seicento anni di attività le prime tre donne ai vertici di Marchesi Antinori. GG ha incontrato per un’intervista la presidente della più celebre azienda vinicola d’Italia.

Marchesi Antinori: come tre sorelle guidano la più antica azienda vinicola italiana verso il futuro

Siamo sedute nel dehors del frequentatissimo ristorante Cantinetta Antinori, situato nel palazzo di famiglia a Firenze. «Praticamente, siamo nel giardino dei miei genitori» dice Albiera Antinori, per poi spiegarmi che fino a qualche anni fa, nessuno della famiglia avrebbe mai immaginato di aprire agli ospiti il cortile storico di Palazzo Antinori, acquistato dalla famiglia nel 1506 e ancora oggi abitato dai suoi genitori. Ma i tempi sono cambiati: la ventiseiesima generazione della celebre famiglia di viticoltori è obbligata a pensare in modo creativo.

Aprire le porte è uno dei passi importanti per creare una buona posizione di partenza per il futuro dell’azienda di tradizione. Il momento pare propizio, per la prima volta negli oltre seicento anni di attività dei Marchesi Antinori vi sono tre donne alla guida del famoso impero vinicolo: Albiera Antinori e le sue sorelle Allegra e Alessia, entrambe nel ruolo di vicepresidente.

Albiera Antinori, presidente dell’azienda di famiglia, si è presentata per l’intervista visibilmente di corsa e sotto pressione. La sua fretta è dovuta ai complessi preparativi per i matrimoni dei suoi due figli, Verdiana e Vittorio, programmati a distanza di solo otto settimane l’uno dall’altro. Entrambi i figli sono attivi nell’azienda di famiglia, racconta con un certo orgoglio da madre.

GG: Signora Antinori, come si riesce a entusiasmare per ventisei generazioni i propri figli per l’azienda di famiglia? In un’impresa come la vostra, la passione per il vino è ereditaria?
Albiera Antinori (ride): Il settore vinicolo è un mondo talmente meraviglioso da farti innamorare per forza, principalmente perché legato a un bellissimo territorio e a un prodotto favoloso. Inoltre, c’è il fatto che in un’azienda di famiglia tutti hanno la possibilità di dare un proprio contributo. Se qualcuno non mostra grande interesse per l’agricoltura, entusiasmandosi in compenso per le finanze, allora anche questo know-how sia benvenuto.

La moderna Cantina Antinori nel Chianti Classico.

GG: Da qualche anno lei si trova ai vertici, determinando con il sostegno delle sue sorelle le sorti dell’azienda, guidata da oltre seicento anni esclusivamente da eredi maschi. Come mai, proprioora Marchesi Antinori ha scelto come dirigenza tre donne?
AA (ride): Mio padre non aveva altra scelta, avendo solo noi, tre figlie femmine. Ergo, non c’erano alternative. Io, la più grande, ho cominciato a inserirmi nell’azienda molto presto, a 18 anni. Perciò, questo passaggio di consegne non ha avuto luogo in un determinato giorno, è stato un processo graduale. Oggi, le generazioni integrate nell’azienda sono addirittura tre, e questo è un bene perché così i miei figli hanno ancora l’opportunità di imparare qualcosa dal loro nonno.

Nota della redazione: Il Marchese Piero Antinori, padre di Albiera, oggi 85enne, è considerato una leggenda vivente tra gli appassionati di vino. L’azienda fu fondata nel 1385 da Giovanni di Piero Antinori, ma la fama mondiale è dovuta al coraggio imprenditoriale dell’attuale Marchese: negli anni ’70, Piero Antinori ha sperimentato assemblaggi di uve fino ad allora impensabili, creando vini leggendari come il Tignanello o il Solaia, soprannominati dalla stampa anglosassone i Super Tuscans. Un passo che ha rivoluzionato lo scenario della viticoltura e dell'enologia in Italia, mentre la famiglia Antinori ha conquistato un elevato grado di considerazione. Oggi, Marchesi Antinori ha un fatturato annuo di 240 milioni di euro.

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GG: È stata la produzione dei primi vini supertuscan, sotto la guida di suo padre, a determinare il successo internazionale dell'azienda?
AA: Sì, si può dire che lui ha siglato il destino della famiglia, quando è rientrato alla fine degli anni '60 dai suoi viaggi intorno al mondo. Era partito per capire cosa si stesse muovendo nel campo enologico a livello internazionale. È ritornato con la consapevolezza che fosse possibile e auspicabile coltivare anche vitigni stranieri per assemblarli alle nostre uve tradizionali, creando così dei nuovi vini molto interessanti. È stato un momento caratterizzato non solo da una forte innovazione del prodotto, ma anche da un profondo radicamento nella tradizione. Questi nuovi vini maturano in botti più piccole, non più per due anni ma per 14–16 mesi, prendendo il nome dei vigneti e non più della famiglia. Sì, è stata la nascita dei supertuscan! Di colpo abbiamo capito di poter produrre qui, in Italia, vini di alta qualità, apprezzati su scala internazionale. Questo ha messo in moto il mondo dei viticoltori, dando vita alla produzione di diversi altri supertuscan nei dintorni. Da sempre, mio padre ha avuto l'obiettivo di sfruttare al massimo le potenzialità dei suoi terreni per produrre il miglior vino possibile. Negli ultimi quaranta, cinquant'anni la qualità dei vini si è evoluta costantemente.

Vini spettacolari: con 22 milioni di bottiglie vendute ogni anno, Antinori è la più grande azienda vinicola privata in Italia.

GG: Lei ha mostrato un simile coraggio imprenditoriale, quando ha conferito nei primi anni del 2000 allo studio Archea Associati l'incarico per il progetto della Cantina Antinori nel Chianti Classico, situata a 40 minuti d'auto da Firenze: una spettacolare costruzione contemporanea, inframmezzata nella vigna, in forte contrasto con le tradizionali tenute della zona. Il mio primo pensiero, quando ho visto l'imponente edificio e il museo: la famiglia Antinori si apre al mondo, invitandoci a condividere la propria storia.
AA: C'è da dire che realtà del genere già esistevano nei primi anni del 2000 in altri luoghi, come per esempio nella Napa Valley. Per quanto riguarda l'Italia, si trattava invece di una novità assoluta: un luogo dove il visitatore capisce come nasce un vino. All'epoca ci siamo accorti della crescente curiosità da parte dei nostri clienti, non più soltanto interessati a venirci a trovare, ma anche intenzionati a capire nel dettaglio come venivano prodotti i nostri vini.

GG: Quando abbiamo visitato insieme questa cantina, lei mi ha raccontato delle forti critiche iniziali e delle poche persone che credevano nel suo progetto. Oggi, l'ammirano per la sua visione.
AA: Avevamo bisogno di uno spazio molto capiente, ma tra le case storiche, tradizionali, non ce n'era neanche una capace di accogliere le 160 persone impiegate ogni giorno qui, per non parlare dei 40 mila turisti che visitano ogni anno la cantina. Mi rifiutavo di costruire un edificio in finto stile quattrocentesco, e così l'unica soluzione valida era una nuova costruzione in stile contemporaneo. Volevamo abbinare l'alta efficienza a un'estetica senza tempo, visto che questo edificio è destinato a sopravvivere ai prossimi decenni, rappresentando ancora a lungo il marchio Antinori.

Una costruzione sovradimensionata, inserita armoniosamente tra i vigneti: la Cantina Antinori nel Chianti Classico.

GG: Nel vostro museo è esposto in bella mostra un libro sovradimensionato, contenente la riproduzione di una pagina del testamento dei suoi avi. Lì, c'è scritto a grandi lettere che la tenuta Antinori può essere tramandata solo a eredi maschi.
AA (sorride): Sì, all'epoca era così, ma fortunatamente i tempi stanno gradualmente cambiando. Negli ultimi quarant'anni c’è stata una notevole evoluzione. Oggi, molte aziende hanno almeno una donna nel direttivo, come d'altronde anche le grandi compagnie quotate in borsa. In Italia esiste oramai una legge che prevede per ogni azienda una determinata percentuale di donne. Io faccio ancora parte di una generazione di passaggio, in quanto la mia preparazione non prevedeva studi universitari specifici con le varie ambizioni che ne derivano. Mia figlia, oggi 29enne, ha avuto una formazione molto più mirata. Perdipiù è anche una persona tenace e orientata alla carriera, alla pari dei suoi fratelli. Sono convinta, però, che qui in Italia, gli uomini dovrebbero sostenere le donne in modo ancora più deciso, soprattutto quando si decide di avere dei figli insieme: solo quando si raggiunge un accordo su una suddivisione fifty-fifty dei lavori domestici, dal mio punto di vista si tratta di parità reale.

GG. Un accordo da tempo ampiamente diffuso negli Stati Uniti.
AA: Ma non qui, e neanche negli altri paesi dell’area neolatina …

GG: Questo cambiamento, delle donne che recuperano terreno, si nota anche tra i suoi consumatori? Le donne stanno mostrando lo stesso interesse per i buoni vini degli uomini? E se sì, come si rispecchia questo nel loro comportamento? Fino ad oggi non ho mai incontrato una donna che mi ha mostrato la propria cantina dei vini e i suoi vini più pregiati con lo stesso orgoglio ancora diffuso tra gli uomini.
AA (ride): Ha ragione! Possiamo, però, costatare che ci sono sempre più donne molto ben informate sui vini. In realtà, spesso sono proprio loro, in prima persona, a comprare il vino per la famiglia, soprattutto per quanto riguarda i bianchi e i rosati.

Marchesi Antinori è la più grande azienda vinicola italiana a capitale privato. Al timone ci sono tre sorelle.

GG: Lei ricorda dei momenti in cui ha avvertito la particolare difficoltà per una donna nella gestione degli affari? Quando qualcuno è rimasto sorpreso di non trattare con un uomo?
AA: Direi, quasi mai. Mi è successo solo una volta, quando ho acquistato dell’uva per la nostra azienda, rivolgendomi a un vecchio fornitore storico. Lui era insospettito del fatto che fossi io – all’epoca ancora molto giovane – a stipulare il contratto con lui. Purtroppo, la realtà è questa: qualcuno si perde per strada ma in compenso se ne aggiungono altri.

GG: Quando vi riunite per le feste in famiglia, tre generazioni intorno a un tavolo, cosa accade? Capita che si scontrano visioni tradizionali e un po’ vecchie sulla conduzione aziendale con idee radicali e innovative?
AA: Assolutamente sì! Però per me questi sono proprio i momenti più avvincenti, fatti di discussioni piene di dinamismo. Come proprio di recente, quando mio padre ha discusso con mio figlio i pro e contro dell’introduzione della settimana lavorativa di 4 giorni! Ho ascoltato affascinata e pensato che entrambi avessero ragione. In fondo, mio padre si è ritirato dal lavoro ma in realtà viene in ufficio tutti i giorni. Lo trovo bello e dà grande stabilità all’azienda.

GG: Cos’è oggi più importante per lei: la responsabilità di consegnare un’azienda sana alla prossima generazione, oppure la possibilità di realizzare le proprie idee e visioni?
AA: È un mix. Più un’azienda è vecchia, più forte diventa la sensazione di avere la responsabilità di dover salvaguardare ciò che ci ha trasmesso la generazione precedente. A questo va aggiunta la consapevolezza dei tempi lunghi e della pazienza necessari per gestire un’azienda vinicola. Infatti, continuo a stupirmi delle persone che investono nel settore vinicolo, richiedendo indietro dopo dieci anni i soldi, intascandosi però la fama. Non è così che funziona.

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GG: La vostra azienda, non solo è una delle più antiche, ma anche una delle più grandi presenti in Italia. Ogni anno, vendete 22 milioni di bottiglie. Quali sono i paesi dove riscontrate i maggiori successi?
AA: Il più grande mercato è l’Italia, seguita a ruota da Stati Uniti, Germania e dal resto d’Europa, tra cui la Svizzera, l’Austria e la Gran Bretagna. Avevamo stabilito anche ottimi rapporti commerciali con la Russia e con l’Ucraina, ma questo è stato prima della guerra. Per qualche strana ragione, i nostri affari con la Cina si stanno avviando solo con grande lentezza.

GG: Quali sono i motivi?
AA: Contrariamente ai coreani, emotivamente molto legati a noi italiani, amanti sia della nostra cucina che dei nostri vini, i cinesi sono meno aperti. Il miglior veicolo per i vini italiani è la cucina italiana. Di conseguenza, i ristoranti italiani fanno da traino per la conoscenza dei vini, è uno dei motivi per cui abbiamo aperto filiali del nostro ristorante fiorentino Cantinetta Antinori a Zurigo, Monte Carlo e Vienna.

Oltre 40 mila visitatori passano ogni anno dalla Cantina Antinori nel Chianti Classico, costruita su incarico di Albiera Antinori.

GG: Mi pare che questo ramo aziendale sia curato da sua sorella Allegra, mentre Alessia si occupa di tutte le attività connesse all’arte. Lavorare con le proprie sorelle è sempre armonioso?
AA: Ovviamente non siamo sempre della stessa opinione. Ma alla fine, riusciamo a focalizzare l’attenzione sulla nostra azienda. Perdipiù, siamo delle donne, e in quanto tali meno ostacolate dall’egocentrismo di quanto capiti frequentemente ai nostri colleghi maschi.

GG: Quali sono le principali sfide da fronteggiare in questo momento?
AA: Attualmente stiamo registrando un trend crescente, apparentemente nato in Europa settentrionale. Sembra che stiamo entrando in una nuova era di proibizionismo, con la gente talmente salutista da prendere posizione contro l’alcool. Dobbiamo affrontarlo nella stessa maniera in cui ci confrontiamo con il cambiamento climatico che sta danneggiando i nostri vigneti, dalla mancanza di pioggia, ai periodi di caldo estremo. Ci saranno sempre nuove sfide ed è nostro compito preparare la prossima generazione affinché un giorno possa affrontarle. Significa formare bene i giovani, in modo che siano felici e pronti a subentrare a noi quando sarà il momento. Chiediamo a ogni membro della famiglia interessato a entrare in azienda di conseguire un master e di lavorare per un certo periodo per società esterne. Altrimenti, tutti gli sforzi fatti da mio padre, dalle mie sorelle e da me, sarebbero vane.

GG: Suona come se lei fosse certa del fatto che Marchesi Antinori rimarrà anche nei prossimi anni proprietà della famiglia?
AA: Ce ne siamo assicurati nel 2012, tramite l’istituzione di un trust che si scioglierà solo tra 90 anni. Perciò non c’è il rischio che l’azienda venga venduta o suddivisa.

GG: In questo settore, il fatto di invecchiare – come un buon vino – è d’aiuto?
AA (ride): Assolutamente sì! I nostri partner commerciali sanno che produciamo vino da tanto tempo, lavorando sempre in modo trasparente e senza darci delle arie. Seguiamo fino in fondo il nostro motto: quel che vedi è quello che avrai.

"Quando tutte le generazioni discutono tra loro: quelli sono i momenti più emozionanti!". - Albiera Antinori

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