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Architetture Trapanesi: Tra Barocco e Liberty

La città di Trapani presenta un paesaggio architettonico variegato e ricco di arte, che conserva antiche testimonianze che risalgono fino al 1300.

La sua posizione al centro del Mediterraneo e il susseguirsi di varie dominazioni ne hanno influenzato, oltre che la storia, il tessuto urbano; così nel centro storico si trovano il quartiere medievale, l’insediamento arabo (con le piccole stradine serrate) e l’area trecentesca rivisitata in epoca barocca.

Al XIV secolo risalgono la Fontana con la Statuetta del Dio Saturno nella piazzetta della chiesa di S. Agostino, e i portali di via Badiella e via Sette dolori, opere in cui prevale uno stile Gotico caratterizzato dal predominio delle linee verticali e dell'arco a sesto acuto; così come anche l’imponente Cattedrale di San Lorenzo edificata nel 1300, ma con un prevalente stile barocco.

Proseguendo nella storia architettonica di Trapani meritano di essere annoverati il Campanile della chiesa di S. Domenico che risale al 1400 e i resti della Cappella della Trinità costruita nel 1542; sempre al XVI secolo risale poi il Palazzo Ciambra in via Giudecca, quartiere ove anticamente risiedevano gli Ebrei.

Nel 1671, per opera di Carlos de Grunemberg, venne edificata nella punta estrema di Trapani, allo scopo di salvaguardare la città da una eventuale invasione da parte dei Turchi, Torre di Ligny, che attualmente, oltre a consentire la vista panoramica dei due mari, il Mediterraneo e il Tirreno, ospita un interessante Museo di preistoria.

Tra gli edifici, costruiti tra la fine del XIX e la metà del XX secolo, poi, esistono bellissimi esempi di architettura di gusto eclettico e di stile floreale o liberty. Per gusto eclettico intendiamo quello stile di chi non segue un indirizzo, ma elabora una sua teoria, risultante dalla coordinazione di elementi di diversa provenienza, che ha caratterizzato l'architettura della fine del XIX secolo e che sono: il Palazzo della Provincia costruito nel 1878, il Palazzo del Municipio eretto nel 1904, il Palazzo della Dogana del 1924, la Capitaneria di Porto del 1930 e l'ex Grande Hotel in piazza Garibaldi.

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Tra le sue mille sfaccettature artistiche e architettoniche è sulla presenza del barocco che ci vogliamo soffermare, immaginando una passeggiata per le vie del centro storico, tra l’eleganza dei palazzi nobiliari e le architetture delle chiese, alla ricerca di quegli edifici che presentano maggiormente questo stile, sia conclamato sia misto ad altri elementi.

L’architettura Barocca, si sviluppò tra il XVI e il XVII sec, ed è facilmente riconoscibile perché riccamente adorna di sculture e decorazioni, soprattutto sui portali, cornicioni e frontoni, mentre sulle pareti e nelle pavimentazioni troviamo stucchi, affreschi e marmi policromi.

A partire dal XIV secolo la Sicilia è dominata prima dagli aragonesi e poi dagli spagnoli: le città del vicereame risentono dell’influenza culturale del barocco, che in Spagna raggiunge il suo culmine nel XVII secolo.

A Trapani, dove i cittadini erano stati abituati alla ricchezza e all’opulenza delle decorazioni architettoniche bizantine e arabe, questo stile prende facilmente piede e si edificano capolavori come la chiesa di San Francesco d’Assisi, San Pietro e la chiesa delle Anime del Purgatorio. Ma soprattutto il complesso dell’Annunziata, costruito nel ‘300, fu trasformato nel ‘700 in stile barocco dall’architetto trapanese Biagio Amico, che vi inserì anche elementi della tradizione rinascimentale. 

Con l’avvento del barocco a Trapani la Via Garibaldi e Corso Vittorio Emanuele divennero dimora di palazzi nobiliari ed ecclesiastici che testimoniano l’agiatezza della nobiltà dell’epoca.

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Come già detto sin qui, non di solo barocco è fatta Trapani. C’è anche una città modernista che tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento scelse l’Art-Nouveau per realizzare ville e palazzi di una borghesia che voleva sentirsi all’altezza della vecchia aristocrazia cittadina.

L’Art Nouveau, che assunse localmente diverse denominazioni, e meglio conosciuta in Italia come Stile Liberty, fu un vero movimento rivoluzionario artistico e filosofico e si caratterizzò per la sua internazionalità, per la grande importanza data alla linea curva, alle decorazioni ispirate alle forme vegetali e specialmente alle stilizzazioni dei fiori, coinvolgendo sia le arti maggiori che quelle minori. Tuttavia, di breve durata.

L’art Nouveau si propose come cultura raffinata aperta e internazionale, creando un ambito elitario di fruizione, consentendo l’uso dei nuovi linguaggi prevalentemente alle classi privilegiate, committenti del Liberty.

La diffusione, infatti, non fu capillare, ma appannaggio delle aree territoriali più sviluppate, cioè quelle che possedevano un’economia industriale capace di sostenere i costi.

Trapani, a fine ’800, fu grande protagonista dell’economia industriale e mercantile della Sicilia occidentale, rappresentata da una classe dirigente che amava le avanguardie e i modelli elitari, e che, negli anni della trasformazione urbanistica post-unitaria, costruì le proprie nuove dimore utilizzando i canoni rappresentativi dell’Art Nouveau.

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Si tratta di edifici di effetto, realizzati in prevalenza da pochi professionisti sensibili alle nuove suggestioni.

 A esordire in questa avventura architettonica a Trapani fu l’ingegner Giuseppe Manzo col villino e la cappella dell’On. Nunzio Nasi, sull’omonimo scoglio (1898-1899), cui seguono il prospetto di casa Agueci, in Via San Michele (1907) e il prospetto di casa Occhipinti in via Ammiraglio Staiti (1912).

Quella di Alberto La Barbera in Via Osorio, fu invece la prima casa liberty di Francesco La Grassa, il più prolifico dei progettisti trapanesi, autore altresì, tra gli altri, dei progetti dello Chalet Fiorino (la Casina delle Palme) del 1920, casa Montalto (1924) e del Palazzo delle Poste, inaugurato nel 1927 e Villa Platamone.

Tra questi progetti s’inseriscono alcune eleganti realizzazioni di inferriate e decorazioni murarie, opere di “maestri d’arte” che hanno riempito di suggestioni le facciate degli edifici trapanesi, quando la traccia lasciata dall’esecutore veniva considerata un valore aggiunto che marchiava eternamente l’opera edilizia.

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