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Luino è una ridente cittadina sul Lago Maggiore che è diventata la città dei comici per antonomasia.
E' incredibile, infatti, la densità di umoristi riscontrata tra i suoi 15mila abitanti.
Sono tanti gli artisti legati a vario titolo al borgo lombardo, anche i Fichi d'India e Cochi e Renato, per citarne solo alcuni, sono passati di qua. Ma i quattro moschettieri nel mondo dello spettacolo rigorosamente Made in Luino sono Dario Fo, Massimo Boldi, Enzo Iacchetti e Francesco Salvi.
Se il premio Nobel ha passato sulle rive del lago la sua giovinezza e Boldi e Iacchetti ci sono cresciuti per poi abbandonarle da adulti, Salvi – che è il più luinese di tutti – nonostante come gli altri abbia trovato il successo a Milano (e come Boldi e Iacchetti, passando per il celebre cabaret Derby) non ha mai lasciato la terra natìa e ancora oggi può capitare di trovarlo al Caffé Clerici ad improvvisare spettacoli con gli amici di sempre.
Secondo i tre comici, in realtà, Luino è una città tristissima.
<<E' l'aria del lago - spiega Salvi in una recente intervista- in una città come questa, puoi diventare solo tre cose: finanziere, contrabbandiere o comico>>.
Oppure scrittore: perché Luino è anche la terra di maestri della penna come il poeta Vittorio Sereni e Piero Chiara, tra i più importanti – e irrequieti – narratori italiani del XX secolo. Figlio – come tanti luinesi – di un doganiere, Chiara è nato nel 1913 ed è morto nel 1986, e in settant'anni ha scritto celebri romanzi da cui sono stati tratti ancor più celebri film, che lo hanno visto spesso anche in veste di sceneggiatore e di attore, come Venga a prendere il caffé da noi di Alberto Lattuada con Ugo Tognazzi, Il cappotto di astrakan di Marco Vicario con Johnny Dorelli, I giovedì della signora Giulia e La stanza del vescovo di Dino Risi con Ornella Muti (che interpreta quasi profeticamente un personaggio chiamato Berlusconi) e lo stesso Tognazzi, ma anche il più recente Il pretore diretto nel 2014 da Giulio Base e interpretato da Francesco Pannofino e Sarah Maestri, attrice e conduttrice televisiva anche lei di Luino. Ma tra i libri di questo scrittore tanto indolente quanto prolifico vanno citati anche Il piatto piange, Il povero Turati, Vita di Gabriele D'Annunzio, Le avventure di Pierino al mercato di Luino, Helvetia Salve!, Il capostazione di Casalino e Il bombardino del signor Camillo, tutti caratterizzati da un sottile umorismo venato di malinconia che è la cifra stilista di Chiara ma anche della stessa Luino.
D'altra parte, che nel borgo lacustre l'umorismo sia una questione genetica lo conferma anche Alfredo Salvi, fratello di Francesco, che di mestiere fa lo psicologo ma la comicità ce l'ha nel sangue, come d'altra parte tutta la famiglia. Il padre Trento era un noto avvocato e amico di Dario Fo, e umorista, a sua volta: Alfredo ne ha fatto il protagonista del suo primo romanzo – Il mistero della mano destra – un giallo ambientato nella Luino degli anni '50 in cui Trento (la cui sorella si chiamava Trieste) indaga su una serie di omicidi avvenuti in riva al lago.
Trento Salvi era anche un cultore di storia locale e autore di libri dedicati al dialetto luinese, e lo stesso Alfredo si è assunto il compito di preservare la memoria della città e della famiglia attraverso diverse pubblicazioni, l'ultima delle quali è Venne dal cielo a Luino; tutte, ovviamente, condite con l'immancabile umorismo.
Lo trovi ovunque, l'umorismo, passeggiando per la città: c'è una parrucchiera – per dire – che ha chiamato il suo salone “Cento colpi di spazzola” come il romanzo-scandalo di Melissa P., d'altra parte se l'umorismo, come sosteneva Pirandello, è il sentimento del contrario, non stupisce che ce ne sia così tanto sul Lago Maggiore, perché Luino è una città piena di contraddizioni: turistica e industriale, storica e moderna, svizzera e italiana. Tra i nomi illustri che l'hanno animata anche don Pietro Folli, sacerdote antifascista finito al muro, e Bernardino Luini, allievo di Leonardo da Vinci che ha affrescato l'Oratorio della Passione della basilica di Sant'Ambrogio a Milano. Per una singolare e significativa coincidenza, alla fine di marzo del 2017 proprio l'Oratorio della Passione ha ospitato il debutto della mostra di pittura “I demoni custodi” di Francesco Salvi, che si prepara ora ad un tour internazionale e che mette insieme grandi tele in stile pop art e disegni da toni apocalittico-postindustriali che ricordano William Blake, realizzati sui supporti più disparati: fogli di quaderno, tovaglioli, porta posate, pagine di sceneggiatura di Un passo dal cielo. Opere che segnano una terra di confine, piena di storia e di contrasti come Luino, teatro di lotte risorgimentali e di repressioni sabaude. I reali d’Italia venivano a passare le vacanze qui ma non disdegnavano di compierci qualche strage: una lapide ricorda che il 10 maggio 1898 la polizia aprì il fuoco sulla folla che reclamava “una più giusta società ed un equo prezzo del pane” provocando 14 morti e molti feriti. Ma la città rivendica anche la più antica statua di Garibaldi: per commemorare la battaglia della Beccaccia avvenuta nel 1848 (e che prende il nome da un'osteria che si trovava sulla piazza) gli abitanti vollero edificare nel 1878 l'unica statua del Generale realizzata quando il soggetto era ancora in vita.
Ci sono, a Luino, un panificio antichissimo e la memoria di due grandi industrie: una della seta e una siderurgica.
Triste e comica, turistica e chiusa, antica e moderna: le anime contraddittorie di Luino sono ben rappresentate dal Buffet della Stazione.
Nato originariamente come punto ristoro della stazione ferroviaria per finire poi per attrarre gente da tutta la città, da oltre quarant'anni questo ristorante al confine con la Svizzera è gestito da una famiglia orgogliosamente meridionale. La titolare, infatti, viene da Amalfi, e propone cucina rigorosamente partenopea, condita dall'immancabile limoncello – quello vero, ci tiene a sottolineare. Il ristorante, grazie alle collezioni dei titolari è diventato anche una sorta di museo, che espone memorabilia ma anche dipinti d'autore, come quello di Romano Mussolini.
Tra i simboli della città c'è poi il Caffé Clerici, fondato nel 1875 da un architetto che aveva aperto anche una farmacia; quest'ultima è ancora oggi di proprietà della stessa famiglia mentre lo storico bar è stato rilevato nel 1980 da quella di Luca Alesi. D'altra parte Piero Chiara, tante scene dei suoi libri, le aveva ambientate proprio al bar; parlava di Luino in tutti i suoi romanzi, e amava moltissimo passare il tempo qui: si sedeva su un tavolinetto, si beveva un Punt e Mes, si faceva una partita a carte o a biliardo, e poi si metteva a scrivere.
E proprio il Clerici ospita molte iniziative culturali, spesso animate da Francesco Salvi, come il festival cinematografico “Corto Weekend”, una manifestazione unica nel suo genere: “In tre giorni i cortometraggi in concorso vengono progettati, scritti, girati, montati e premiati” spiega Giulio Guerrieri, che lo organizza. “Si comincia il venerdì con la consegna della busta in cui viene dato il tema da affrontare e gli oggetti da usare per i film, che devono essere girati esclusivamente in loco in tre giorni; poi domenica sera c'è la premiazione”.
Celebre anche il rapporto di amore-odio che Luino ha con il paese confinante, da cui è dipendente quasi del tutto sotto il profilo economico. Più odio che amore, a dire il vero, e non c'è da stupirsi, se si pensa che addirittura il 90% della popolazione è costituita da “frontalieri”, ovvero pendolari che risiedono a Luino ma lavorano in Svizzera e passano la frontiera due volte al giorno. Una categoria tornata recentemente sul piede di guerra dopo l'annuncio di nuove misure fiscali da parte del governo elvetico che penalizzerebbero i frontalieri ancora di più di quanto non lo siano già. D'altra parte i luinesi per gli svizzeri sono quelli che fanno lavori che loro rifiutano e prendono stipendi più bassi.
Soleggiata, ventosa e piovosa, << forse Luino è stupenda, ma mai allegra >> ha scritto un luinese in una lettera a un quotidiano, commentando la recente polemica. <<In Luino vi è qualcosa di inesprimibile e di spirituale che non può andare vestito di parole – diceva invece Piero Chiara - è qualche cosa di più che la tinta locale: è quel mistero di attrazione che fa innamorare di un luogo senza che ci si possa dar ragione del motivo>>.
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