Siamo nella seconda metà del XVIII secolo quando la famiglia Carradori commissiona all'architetto Pietro Augustoni il lavoro di restauro dell'antico palazzo voluto, quasi 300 anni prima, dal Cardinal Venieri; stiamo parlando dell'attuale sede del liceo Giacomo Leopardi di Recanati, Palazzo Venieri, cornice di uno degli scorci più poetici del borgo marchigiano, tanto da essere incluso, prima da Risi e poi da Martone, nelle due più note pellicole dedicate al Leopardi, "Idillio" e "Il giovane favoloso".
L'Augustoni ha voluto quasi dare un titolo a quell'affaccio sulla costa adriatica, quel tuffo là dove l'interminabile linea del mare finisce per confondersi col cielo: “volat irreparabile tempus”, tempo segnato dell'orologio che pesa sul collo dell'iscrizione.
Siamo nel terzo libro delle Georgiche e Virgilio sta parlando,nella sua opera dedicate ai precetti della vita agricola, dell'accoppiamento del bestiame, quando al verso 384: “Sed fugit interea,fugit irreparabile tempus” (ma fugge intanto,fugge irreparabilmente il tempo). Al violento "fugit" viene preferito un più leggero "volat", più consono ad un palazzo nobiliare... eppure il tempo si è ripreso la sua rivincita strappando con violenza le lancette da quell'orologio ed è addirittura così crudele da portarci via la possibilità di vederlo mentre scivola tra i quadranti, lasciandoci alienati davanti ad un fluire che non possiamo distinguere.
Da pochi anni, in seguito ai lavori di ristrutturazione post sisma del 2016, le lancette sono state rimesse a loro posto, rompendo l'incantesimo creato da quel "furto" della storia: lo spettacolo rimane, l'occhio si perde lungo le colline, scivola fino al mare, ma chiunque abbia il ricordo di quella mancanza non può che osservare malinconicamente a quelle metalliche restituzioni ormai fuori posto.
Diletta Diomedi