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Il concetto di plusvalenza indica un aumento di valore derivato dal miglioramento di un immobile e, pertanto, seppur non costituisca un reddito, consiste in un’entrata e segue una sua tassazione. La differenza tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita di un immobile è passibile di tassazione se la rivendita avviene entro i cinque anni dall’acquisto (o dalla costruzione) del bene, se non costituisce residenza principale del proprietario o di un suo familiare o, ancora, se non proviene da successione ma da compravendita.
Il venditore che deve pagare l’imposta sulla plusvalenza immobiliare può inserirla sotto la voce “altri redditi” della dichiarazione dei redditi, per poi pagare la relativa aliquota Irpef di riferimento, oppure può chiedere in sede di rogito di applicare un’imposta sostitutiva del 26%, che va pagata contestualmente al rogito e che il notaio pagherà una volta che l’atto sarà registrato.
L'art. 68 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi ha, poi, introdotto la possibile di detrarre dal calcolo per la plusvalenza immobiliare tutte le spese sostenute in relazione all'immobile, ovvero tutte le spese sostenute per l'acquisto del bene, le spese di costruzione e di ristrutturazione, quindi nel dettaglio:
Quando si parla di tassazioni sulla plusvalenza (beni italiani come stranieri) bisogna sempre affidarsi a notizie aggiornate ed autentiche, chiedendo la consulenza di periti sarà possibile non incappare in spiacevoli sorprese. In tal senso, la vostra agenzia immobiliare di fiducia potrà guidarvi al meglio nel calcolo di una possibile plusvalenza per la vendita del vostro immobile.
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